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Il tempo mai andato

Augusto Pieroni, 2004
La fotografia di Vadim Gushchin mostra un autore riflessivo e paradossale, affettivo e musirato. Delle sue nature morte quasi morandiane colpiscono la sapienza indagativa della luce, la ricchezza tonale e la minuta solennita con cui ne imposta la regia.

Tuttavia qualcosa in Gushchin deborda dal profilo di questa innocua bonomia: e una specie di velata, irrefrenabile risata filosofica che sprigiona dal practicare e marcare con una riflessione implacabile i soggetti piu diversi: I libri della sua “biblioteca universale” assemblati con cordicelle, scatole distrutte e abbellite dal tempo, vegetali ancestrali, prismi e volume accademici e perfino le materie dell’usa e getta.

L’autore moscovita si esalta nel trovare e con quanta apparente facilita sempre nuove occasioni compositive quanto piu semlici appaiono i componenti dell’immagine.

E cosi facendo sprande tutto il suo talento nell’articolare una metodica analisi delle relazioni fra la forma e l’anima delle cose, tra la memoria e la totale disponibilita al divenire.

Ripescando da diverse tradizioni fotografiche e artistiche, l’analisi di Gushchin sembra suggerirci ironicamente, ma senza il sarcasmo della sua generazione, che anche la cultura atavica puo rappresentare una specie di seconda natura, e che il pensiero e lo sguardo trasformano gli oppostli, temperandoli.